L’imperdibile mostra sul pittore italiano Paolo Veronese al Prado di Madrid
Al Museo del Prado apre la prima grande mostra dedicata al Veronese in Spagna, con tanti prestiti provenienti dall’Italia. È frutto di un grande gioco di squadra al quale ha preso parte anche lo storico dell’arte italiano Enrico Maria del Pozzolo, che ce la racconta

La mostra Paolo Veronese (1528 – 1588), al Museo del Prado, è senza dubbio uno degli eventi imperdibili del 2025 in Spagna, per il valore dei prestiti e la novità dell’approccio critico. Co-curatore della mostra è lo storico dell’arte italiano Enrico Maria Dal Pozzolo, professore all’Università di Verona e fra i massimi specialisti del Cinquecento veneziano. Dal Pozzolo torna al Prado per collaborare nuovamente con il direttore Miguel Falomir, con il quale già nel 2018 realizzò la bella rassegna sui ritratti di Lorenzo Lotto.
Intervista a Enrico Maria Dal Pozzolo
Come nasce l’idea della mostra su Veronese al Prado?
Si tratta del proseguo di una linea espositiva inaugurata da Miguel Falomir venticinque anni fa, dedicata ai grandi maestri del Cinquecento veneziano nel contesto del Prado: i Bassano, Tiziano, Tintoretto e Lotto. Per Veronese, il progetto iniziale, però, era occuparsi solo di opere di piccolo formato: quadri da stanza, disegni e bozzetti, tutti di qualità vertiginosa. Poi, invece, è prevalsa l’idea di raccontare la produzione di Veronese nella sua organicità. È nata così una mostra con oltre cento opere e tantissimi prestiti internazionali.
Da studioso del Cinquecento veneziano, è d’accordo con l’affermazione di Giulio Carlo Argan secondo cui la pittura di Tiziano rappresenta la poesia, quella di Tintoretto il teatro e l’arte di Veronese la musica?
L’affermazione di Argan è una sintesi ad effetto, che coglie, semplificandola, l’essenza interpretativa di questi tre protagonisti della pittura veneziana del XVI Secolo, nella quale convivono sia elementi teatrali che poetici e musicali. In termini generali, si può dire che nell’arte di Veronese c’è una sorta di orchestrazione, di coralità, oltre a una componente musicale enfatizzata: basta pensare al concerto in primo piano nelle Nozze di Cana del Louvre; agli affreschi di Villa Barbaro a Maser; o ai tondi per la Biblioteca Marciana, uno dei quali, La Musica, fu particolarmente apprezzato da Tiziano.





Qual è la novità di Veronese nel panorama artistico veneziano del XVI Secolo?
Veronese è una personalità sottile e sfuggente, che merita di essere approfondita e re-interpretata con occhi nuovi. Anche all’epoca era considerato il vero erede di Tiziano e, non a caso, comincia ad avere contatti con la corona spagnola proprio dopo la morte del maestro più anziano, nel 1576. È un pittore molto cerebrale, capace di trasformare il particolare in ideale. Per creare quadri sontuosi, Veronese dipinge oggetti e architetture, abiti e stoffe, ritrae personaggi e ambienti con precisi richiami all’eccellenza manifatturiera veneziana; li descrive in maniera realistica, quasi filologica, per poi inserirlo in una visione d’insieme ideale, astratta. La novità sta nella creazione di un mondo a un tempo reale e illusorio (che non esiste nella pittura precedente), illuminato di luce proveniente dall’Olimpo: una luce nitida e avvolgente, quasi trasfigurante.
Cosa rappresenta Veronese per la storia dell’arte occidentale dei secoli successivi?
Rispetto all’incupimento dell’ultimo manierismo, e in controtendenza con le mode della Venezia della sua epoca – e di tutto il Seicento, quasi sempre tenebroso – Veronese resta coerente con l’ideale umanistico del Tiziano giovane. Il suo stile nobilitante e celebrativo è ripreso, invece, dai pittori del Settecento, come Tiepolo e Ricci, e da alcuni francesi che attingono direttamente alla sua estetica. Delacroix, per esempio, dichiara: “A Veronese devo tutto!”, riferendosi non solo agli aspetti tecnici e alla gamma di colori, ma anche alla capacità di pensare in grande del pittore veneziano.
Quali sono i prestiti più significativi in mostra a Madrid provenienti dall’Italia?
Il più clamoroso è senza dubbio la Cena in casa di Simone proveniente dalla Galleria Sabauda di Torino, la prima delle cene di grandi dimensioni, dipinta in ambito ancora veronese. Da notare la presenza di un chiodo conficcato nella colonna in primo piano, evidente allusione alle origini/al patronimico della sua famiglia, Spezzapedra, ossia lapicidi o scalpellini. Anche il Ratto d’Europa di Palazzo Ducale, a Venezia, è un prestito importantissimo e fondamentale, che testimonia l’attenzione di Veronese nei confronti della dignità femminile e lo stupore per la forza misteriosa delle donne, espressa nei tanti dettagli descrittivi. È del tutto eccezionale, infine, anche la presenza a Madrid della cosiddetta Pala Cogollo, l’Adorazione dei Magiproveniente dalla chiesa di Santa Corona a Vicenza (oggi parte delle collezioni del Museo Civico di Vicenza).

Cosa ne pensa del processo dell’Inquisizione che colpisce Veronese nel 1573 quando dipinge l’Ultima Cena per il convento di San Giovanni e Paolo a Venezia? L’ingerenza della Chiesa nell’arte oggi solleverebbe uno scandalo planetario, amplificato attraverso le reti sociali…
Non so cosa potrebbe succedere oggi in circostanze simili. All’epoca, invece, era comune che gli artisti fossero perseguitati per eresia o per scarsa adesione all’ortodossia teologica del Vangelo. Molti furono i pittori inquisiti dal Tribunale del Santo Uffizio, sia a Roma sia in Veneto, come Riccardo Perucolo, condannato per i suoi santi giudicati blasfemi. Veronese sa esattamente di cosa si tratta e in un primo momento rivendica con leggerezza la libertà dei pittori e dei matti. Poi reagisce e si appella al caso simile dei nudi di Michelangelo nella cappella Sistina, più volte contestato. La soluzione di cambiare titolo e referente episodio evangelico al telero – oggi esposto all’Accademia di Venezia come Convitto in Casa di Levi – è una scelta astuta, che dimostra anche l’ampia protezione di cui godeva Veronese da parte del Doge e del Consiglio dei Dieci, in una Venezia libera e autonoma.
Quali sono i luoghi imprescindibili per conoscere l’opera di Veronese?
A mio giudizio sono cinque. A Venezia, prima di tutto, c’è la chiesa di San Sebastiano, nel sestiere di Dorsoduro, decorata al 90% da Veronese, compreso il progetto per gli altari, le cornici e l’organo. Poi Palazzo Ducale, nel quale l’arte di Veronese esprime l’idea di uno Stato superiore, potente ed eterno, in maniera più coerente rispetto ai suoi contemporanei. E infine la Libreria Sansoviniana della Biblioteca Marciana, sul cui soffitto Veronese dipinge tre splendidi tondi giovanili sulle arti liberali. Per conoscere l’arte di Veronese bisogna però recarsi anche al Louvre, per ammirare, nella sala della Gioconda, le monumentali e affollatissime Nozze di Cana, dipinte per il refettorio di San Giorgio Maggiore, a Venezia, e trafugate da Napoleone. E, per ultimo, merita una visita Villa Barbaro a Maser, capolavoro architettonico di Andrea Palladio internamente affrescato da Veronese: un luogo speciale, integro e affascinante, tra le colline del Trevigiano.
Come è stata la sua esperienza al Prado, uno dei più grandi musei del mondo, dove ha già curato ben due mostre?
È un autentico onore che Miguel Falomir, eccellente “venezianista”, mi abbia coinvolto per la seconda volta a firmare una mostra a Madrid al suo fianco. Il Prado è uno dei pochi musei globali capace di coniugare spettacolarizzazione, ricerca e valorizzazione dell’arte. È una autentica “macchina da guerra” (nel senso positivo del termine) in grado di raggiungere livelli altissimi di progettualità, con ottimi professionisti e un personale rodato in tutti i settori. È un museo che non insegue le mode: allestisce mostre secondo i valori tradizionali, grandi o piccole, ma sempre di assoluto interesse scientifico. Il catalogo della mostra raccoglie contributi scientifici di undici studiosi, italiani e stranieri, scelti fra specialisti del Cinquecento veneziano, ma non necessariamente esperti di Veronese. L’obiettivo è comporre una visione più ampia, poliedrica della sua pittura all’interno del contesto storico e culturale in cui si sviluppa.
Federica Lonati
Madrid // fino al 21 settembre
Paolo Veronese (1528-1588)
Museo del Prado
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